Nel XV secolo arte e scienza procedevano in parallelo. La scienza era approcciata creativamente e di conseguenza i principi della scienza, come lo studio della visione umana e delle forme geometriche, influenzavano il modo di dipingere e di creare sculture.
Leonardo Da Vinci, nella biografia scritta da Walter Isaacson, appare come un personaggio a dir poco eclettico. Non aveva una capacità di pensiero estremamente sviluppata, come Newton o Einstein: il suo genio consisteva nell’essere estremamente curioso. Leonardo era attratto da cose apparentemente banali, che osservava e studiava approfonditamente. Passava ore a guardare il movimento di ali delle farfalle, per capire se si muovessero più velocemente mentre salivano o scendevano.
Ciò che una persona comune avrebbe dato per scontato era per Leonardo motivo di curioso interesse: amava osservare come la luce colpisse le foglie formando ombre, e come i rami degli alberi crescessero, scoprendo la regola, valida ancora oggi, per cui “la somma delle sezioni dei rami ‘figli’ in un albero è uguale alla sezione del ramo ‘padre’”.
Leonardo era un genio in campi molto diversi tra loro. Voleva conoscere tutto, approfondire tutte le aree della conoscenza. I suoi studi spaziavano tra ingegneria, anatomia, geologia, fisica dei fluidi, ma anche arte, pittura e scultura: lo si può facilmente immaginare sia come pittore che come scienziato e ingegnere.
Walter Isaacson racconta come Leonardo annotasse i suoi progressi su carta (ci sono rimaste più di 7200 pagine scritte da lui) e di come passasse continuamente da un argomento all’altro. Utilizzava tutta la pagina, perché la carta all’epoca era costosa, quindi è possibile trovare, uno di seguito all’altro, appunti riguardo alla matematica, all’Ultima Cena, ai fiumi… tra arte, scienza, matematica, geologia.
Nei suoi appunti Leonardo illustrava problemi matematici con disegni artistici, nel suo studio faceva sculture di cera di parti del corpo umano per capire come funzionassero, e studiava l’occhio umano per migliorare il modo in cui dipingeva. Il suo studiare una scienza influenzava il modo in cui affrontava tutte le altre. Ed era questo che rendeva Leonardo Da Vinci l’archetipo dell’Uomo Nuovo rinascimentale.
Cos’ha a che fare questo con la Data Science? Si potrebbe pensare che quello del Data Scientist non sia un lavoro creativo.
Cosa ci può essere di creativo nello scrivere linee di codice o algoritmi? Non richiedono forse solo “fredde” competenze tecniche?
L’errore è molto comune, ed è quello di confondere arte e creatività pensando, ad esempio, che solo un pittore, uno scrittore, un musicista o un attore possano essere creativi. Oppure ancora credere che solo le menti più brillanti possano essere creative in ambito scientifico, come i vincitori di premi Nobel, scienziati che compiono scoperte incredibili, che rivoluzionano i loro campi.
In realtà le aziende di tutto il mondo, per portare avanti le loro attività, per continuare a innovare e poter essere competitivi, fanno affidamento sulle persone creative e sulla diversità di pensiero in ogni campo.
Ken Robinson, autore di numerosi TED Talk, definisce infatti la creatività come l’“avere idee originali che hanno valore”.
L’unico prerequisito fondamentale alla creatività è essere esperti dell’ambito in cui la si vuole applicare. Ad esempio, non si può essere creativi nel suonare il pianoforte se non lo si sa già suonare. Certo si possono improvvisare delle scale, ma difficilmente si riuscirà a creare qualcosa di nuovo e di apprezzabile senza avere una perfetta padronanza dello strumento. Lo stesso principio si applica anche alla matematica, per fare un solo esempio: non si possono risolvere problemi in maniera creativa se non si è almeno in grado di capirli.
In quest’ottica il Data Scientist possiede approfondite conoscenze statistiche e mantiene al contempo un atteggiamento di aperta curiosità, di creatività. Come Leonardo, è curioso verso la realtà che lo circonda, pronto a sperimentare e a imparare cose nuove, lasciando che queste influenzino il modo in cui normalmente affronta i problemi che intende risolvere.
La Data Science, infatti, non esiste in forma isolata, ma è sempre applicata ad altre aree e discipline: ogni volta che si ritroverà ad affrontare una situazione, il Data Scientist dedicherà del tempo per imparare argomenti spesso del tutto nuovi.
Più concretamente, la creatività nella Data Science può spaziare dallo sviluppo di nuovi strumenti a nuovi modi di visualizzare i dati, o anche alla selezione di dati che si sceglie di prendere in considerazione per l’analisi. La creatività sta nel fatto che si comprende come affrontare un problema in maniera progressiva, sperimentando continuamente soluzioni alternative, che portano di volta in volta a una più ampia comprensione del problema stesso.
Come Leonardo, che in questo senso aveva anticipato il metodo scientifico, il Data Scientist basa le proprie scelte sui fatti ed è aperta a modificarle di fronte a nuove evidenze. Come un pittore che lavora alla sua tela facendo continui aggiustamenti per arrivare al risultato voluto, implementa nuove linee di codice e nuovi algoritmi.
Infine, ciascun Data Scientist affronta in maniera differente il problema in base al proprio modo di pensare, a come impiega il proprio tempo, a cosa la appassiona; interessarsi a più aree arricchisce il modo in cui normalmente affrontiamo e risolviamo problemi e Leonardo rappresenta un ottimo esempio di come essere curiosi verso argomenti che esulano dalla nostra “expertise” principale possa arricchire il nostro lavoro.
In conclusione, quando si studia l’esperienza di Leonardo Da Vinci è facile capire che molto di quello che si fa nella Data Science può essere considerato creativo, perché riguarda il pensare fuori dagli schemi.